sabato 14 marzo 2015

ISIS UCRAINA

Quando lo Stato Islamico sposa la causa dei banderisti ucraini

Il potere di Kiev, con i suoi sponsor atlantisti, sono complici della progressione della jihad in Europa.

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12 marzo 2015/Sputnik/. Si crede di scacciare il diavolo fuori dalla porta ma eccolo che torna, furtivo, dalla finestra. È il caso dei combattenti dello ‘Stato Islamico’ di cui abbiamo avuto da poco alcune notizie in Ucraina e il cui coinvolgimento nei ranghi degli ultra-nazionalisti ucraini trova oggi conferma attraverso la testimonianza del giornalista Marcin Mamon, pubblicata sull’ 'Intercept' (https://firstlook.org/theintercept/staff/marcin-mamon/) e dalle fughe di notizie provenienti dal battaglione Dudayev.

Lo Stato Islamico si vuole senza confini. Il combattente islamista proveniente dalla Francia che aveva condannato a morte un giovane arabo israeliano accusato di spionaggio a favore del Mossad, parlava infatti di "conquiste islamiche" a venire, partendo simbolicamente da Gerusalemme. Da questo punto di vista, non c'è da meravigliarsi che dei ceceni, molto presenti fin dall’inizio nella nebulosa jihadista anti-Assad, si trovino anche in un battaglione punitivo ucraino che porta il nome di Djokhar Dudayev, un ex ufficiale dell'Armata Rossa che, sfruttando il vuoto abissale creatosi dopo il crollo dell'Unione Sovietica, aveva cercato di creare un "Emirato del Caucaso" abbastanza simile, in linea di principio, al vecchio Stato Islamico dei primi tempi della sua infanzia, allora limitato all’Iraq e al Levante. Ciò che sembra più preoccupante è la partecipazione di elementi di sensibilità neobanderista alla prima campagna cecena. In nome di cosa, degli ucraini di razza, possono essere solidali con i separatisti caucasici sostenitori della Sharia? Tuttavia, il percorso del defunto Alexander Muzychko - che si arruolò nelle fila di Samil Basaev, autore della strage di Beslan, braccio destro di Dudayev nonostante qualche attrito tra il ‘91 e il ’94 - spiega bene questa battaglia feroce e contro natura che non ha altra ragione se non quell'odio rabbioso contro i russi che Muzychko condivideva con i ceceni islamisti.

Siccome i mujahideen dicono di avere il senso dell'onore, pretendono di ripagare il loro debito in un’Ucraina che si dice aggredita dalla Russia. La loro iniziativa è facilitata dalle fortune degli oligarchi ucraini, tra i quali Igor Kolomoïsky - governatore di Dnepropetrovsk - è di gran lunga il più conosciuto. Il giornalista Marcin Mamon, che aveva visitato personalmente il campo di Isa Munayev - comandante del battaglione Dudayev, ucciso in Ucraina agli inizi del 2015 - ha detto di essere stato accolto da una macchina blindata che, a quanto gli hanno detto, era stata generosamente concessa da Kolomoïski in persona. Inoltre, il giornalista avrebbe visto le "bandiere verdi della jihad sventolare su alcune basi dei battaglioni privati" (sic!), il che suggerisce che l’infiltrazione degli elementi jihadisti nei battaglioni estremisti ucraini sia più massiccia di quanto si pensi, e non sia limitata solo al battaglione ceceno in questione.

Accertati questi fatti, bisogna domandarsi con forza se i finanziamenti di questi radicali non provengano dagli stessi fondi dei tagliatori di teste all’opera in Siria e Iraq. Se questo è il caso, due conclusioni s'impongono. In primo luogo, sia il potere di Kiev che i suoi sponsor atlantisti sono complici della progressione della jihad in Europa: «Di tanto in tanto, Munayev incontra i rappresentanti della SBU (il Servizio di sicurezza dell'Ucraina)", testimonia Marcin Mamon. Se questa frase è da mettere all’imperfetto perché la persona citata è da poco morta, non perde comunque del suo valore di principio, essendo gli stessi elementi più attivi che mai. In secondo luogo, se si scopre che le monarchie del Golfo - ultimamente in rotta con lo Stato Islamico, ma chiaramente in buoni rapporti con Al-Nusra e consorti – hanno messo il becco nell’infiltrazione dei mujaheddin ceceni in Ucraina, si potrebbe logicamente supporre che sia l'Europa, in ultima analisi, il vero scopo.

In effetti, l'Ucraina è un paese europeo alle porte dell'Unione. Coloro che combattono per Kiev si vedono offrire dei passaporti ucraini, quindi delle nuove identità. Sapendo che i flussi migratori verso la Polonia sono assai considerevoli - la disoccupazione in Ucraina sta battendo tutti i record - l'ipotesi secondo la quale lo Stato Islamico considera di spingere l'infiltrazione dei sui "leoni della jihad" fin dentro le mura dell'Unione, sembra più che pertinente. Se questo non è il caso, perché questi fanatici di Dio che avrebbero molto da fare in Medio Oriente, soprattutto con i bombardamenti della coalizione, vanno a rischiare la loro vita in un paese slavo che non gli ispira assolutamente nulla? Il codice d'onore invocato non sembra essere in realtà che una cortina fumogena.

Siamo in presenza di uno scenario che si riassume nella spiacevole situazione di coloro che subiscono l’effetto boomerang delle loro azioni, come il caso libico illustra con eloquenza implacabile. Ma questa volta, più che di un arsenale saccheggiato dai jihadisti, si tratterà di un mini-esercito che troverà i suoi seguaci e sponsor all'interno dell'Europa stessa. Come vedete, bisogna sempre riflettere attentamente prima di fare un patto con il diavolo.

Françoise Compoint

http://fr.sputniknews.com/points_de_vue/20150312/1015145491.html

(Traduzione del Vladimir V. Putin Italian Fan Club)